La perforazione intestinale a seguito di intervento chirurgico è un possibile rischio a cui va incontro il paziente.In considerazione delle pesanti conseguenze che un tale evento nefasto si trascina dietro di sé si parla spesso di danno biologico permanete se una operazione successiva non riporta nelle condizioni precedenti il paziente.
Le possibilità di un intervento chirurgico senza risultato, o peggio ancora con danno da perforazione intestinale, sono relativamente basse ma grazie ai progressi registrati nel campo della sanità.
Si tratta di situazione che devono essere inquadrate in ogni aspetto, dove la prevenzione è la prima arma a disposizione per evitare che un intervento intestino errato possa causare dei danni permanenti o, nei casi più gravi, la morte del paziente.
Perforazione intestinale: che cos’è, quando può vetrificarsi e come riconoscerla
Con perforazione intestinale si intende una lesione, più o meno grave, della parete o delle anse intestinali a seguito di un intervento chirurgico o di un esame diagnostico.
Uno dei casi maggiormente frequenti che può determinare questo evento è la colonscopia, esame necessario per identificare masse tumorali al colon e non solo. Il rischio è determinato dal fatto che, generalmente, tale esame viene effettuato anche nei soggetti più anziani, le cui pareti intestinali sono meno resistenti rispetto a quelle dei soggetti giovani e quindi più predisposte alla perforazione.
La perforazione durante colonscopia con danno permanente a vita è, dunque, un evento che deve essere il più possibile scongiurato sia per la fragilità dei pazienti sia per la difficoltà di intervenire successivamente cercando di tamponare il danno.
Un altro caso di perforazione può verificarsi a seguito di un intervento laparoscopia intestinale mal eseguito; la tecnica laparoscopia è meno invasiva rispetto a quella endoscopica e si esegue effettuando un’incisione sull’addome in cui può verrà inserito il laparoscopio. In questo caso può accadere che la strumentazione utilizzata cagioni lacerazione più o meno gravi all’interno delle pareti intestinali, con conseguente perforazione.
La cosa fondamentale in tutti questi casi è riconoscere preventivamente i segnali di una perforazione: i più comuni sono febbre, astenia, dolore e gonfiore in sede addominale e possibile nausea e/o vomito.
Il medico non deve sottovalutare questi sintomi attribuendoli a banali conseguenze post operatorie; invece è necessario indagare con esami diagnostici immediati. Trascurare i primi sintomi di una perforazione, infatti, significa far aumentare notevolmente le possibilità che il paziente possa andare in setticemia e quindi incontro alla morte.
Il medico in questi casi dovrebbe agire subito attraverso la prescrizione di una terapia antibiotica adeguata, molto utile nel caso in cui le lesioni intestinali siano di modesta entità e quindi abbiano causato una modesta perforazione della parete.
Se invece la situazione è più grave è necessario operare chirurgicamente e, in alcuni casi, asportare una parte dell’intestino; in questi casi il paziente può guarire ma la qualità della vita è compromessa per sempre.
Perforazione intestinale: come ottenere il sacramento del danno
Nel caso di un intervento intestinale andato male è molto importante avere chiari tutti i passaggi pet poter richiedere un risarcimento del danno.
Anzitutto è fondamentale rivolgersi a un avvocato per malasanità intervento chirurgico, che possa assistere il paziente in ogni fase dell’iter processuale con competenze specifiche e affiancato da un medico legale.
E’ importante comprendere che il risarcimento non è automatico a seguito della perforazione, perché occorre dimostrare il nesso causale tra l’evento (l’operazione o l’esame medico) e il danno (la perforazione); proprio per questo è importante l’assistenza di uno staff legale competente, che potrà avvalersi anche di consulente tecnico di parte, in questo caso un medico legale, per una perizia.
Una volta iniziato il processo anche il giudice si avvarrà di un consulente tecnico d’ufficio, a cui chiederà di valutare la sussistenza del nesso causale. L’analisi del nesso causale verterà sul rispetto delle linee guida da parte dello staff medico e sul rispetto delle norme irenico-sanitarie dei locali. Il medico legale dovrà inoltre valutare se il paziente è stato adeguatamente informato circa i possibili rischi allegati all’esame o all’operazione (consenso informato).
Un altro profilo che verrà analizzato riguarda il tempestivo intervento a seguito della perforazione: la negligenza da parte del medico nonostante il paziente abbia manifestato sintomi specifici è sicuramente un fattore che rafforza il nesso causale e la conseguente valutazione del danno.
Una volta che il consulente tecnico avrà fornito tutti gli strumenti di valutazione, toccherà al giudice stabilire la sussistenza del nesso causale e, in caso positivo, valutare tutti i parametri di personalizzazione del danno.
La personalizzazione tiene conto dell’età, della salute e delle condizioni di vita del paziente che ha subito il danno: il giudice valuterà il pregiudizio in termini esistenziali, professionali e psicologici a seguito della perforazione.
Anche in caso di decesso del paziente il giudice valuterà i pregiudizi subiti dalla famiglia del danneggiato, soprattutto per quanto riguarda il danno morale e esistenziale a seguito dalla perdita per errore da malasanità.
Vengono in ausilio, in questo senso, le tabelle di Roma e Milano per la valutazione complessiva del danno.
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