ERRORE DEL MEDICO NEL SCEGLIERE IL FARMACO O IL SUO DOSAGGIO, CHE PORTA AD UN DANNO FISICO PERMANENTE O DECESSO DEL PAZIENTE :
Cosa si intende quando si parla di “errori nei dosaggi dei farmaci”? A cosa può portare una simile pratica? E come comportarsi nel caso in cui si assuma una dose errata di un determinato medicinale?
Partiamo da una definizione esplicativa. Per “errore nel dosaggio di un farmaco” si intende la pratica con cui un paziente, sottoposto a teoria farmacologica, ecceda o limiti la quantità necessaria di uno o più farmaci da assumere.
Può capitare che un medico, a causa di una svista, possa prescrivere un dosaggio errato relativo a un dato farmaco, e che la dose prescritta venga somministrata da un infermiere senza che quest’ultimo verifichi la reale validità della prescrizione.
Le responsabilità del dosaggio errato di un farmaco, come si può intuire da quanto esposto, possono quindi ricadere sia sul medico curante che sull’infermiere, al quale spetta il compito di chiedere conferma al medico per verificare l’entità del contenuto della ricetta; inoltre, anche un anestesista potrebbe detenere responsabilità in merito allo stato di salute del paziente, poiché il dosaggio errato di un farmaco potrebbe compromettere per sempre la salute del soggetto.
Che le responsabilità ricadano sul medico, sull’infermiere o sull’anestesista, il comportamento errato dei professionisti può portare a conseguenze particolarmente rilevanti. Esaminiamole nel dettaglio.
A cosa portano gli errori nei dosaggi dei farmaci ?
Gli errori nei dosaggi dei farmaci possono portare a conseguenze serie, con risvolti, in alcuni casi, drammatici.
Un esempio è dato dalla possibilità che il paziente assuma un farmaco in grado di scatenargli un’allergia improvvisa.
Ogni medicinale è caratterizzato da una specifica composizione chimica, contraddistinta da ingredienti chimici mescolati a ingredienti naturali. Un paziente, pur non sapendo di essere affetto dall’allergia (nel corso della propria vita, se non si svolgono test allergologici, è possibile rimanere completamente all’oscuro della propria ipersensibilità ad agenti vari), potrebbe mostrare una manifestazione allergica dovuta all’ingestione di uno o più allergeni.
L’evento può comportare l’insorgenza di shock anafilattico, ossia la forma più grave di reazione allergica. Lo shock anafilattico si presenta con gonfiore corporeo, prurito e un brusco calo della pressione arteriosa, e nei casi peggiori può portare alla morte. Da ciò ne deriva, dunque, che la somministrazione di un farmaco potenzialmente dannoso per un paziente possa comportare la morte del soggetto in cura.
Oltre a ciò, la posologia errata di un dato farmaco può comportare l’insorgenza di danni fisici temporanei o permanenti. Nel caso dei danni temporanei, il soggetto potrebbe manifestare un’invalidità momentanea relativa all’utilizzo di una o più parti del corpo; diverso, invece, il caso in cui l’invalidità sia permanente, un’eventualità che potrebbe portare il soggetto a citare in giudizio i responsabili dell’episodio di malasanità.
Infine, vi è il decesso. La somministrazione errata di un farmaco all’interno di un ospedale, purtroppo, può portare alla morte del paziente. Si pensi a un paziente che assume una quantità eccessiva di un farmaco, pur senza manifestare una particolare allergia nei confronti dei suoi ingredienti. In frangenti simili, il corpo potrebbe rispondere in maniera errata al trattamento, con il sistema cardiocircolatorio che potrebbe mostrare scompensi improvvisi.

Cosa fare in caso di danni da errata somministrazione di farmaco?
L’assunzione di un farmaco errato, dunque, o l’assunzione in quantità eccessive, può comportare i danni descritti in precedenza. In casi simili, il paziente afflitto dall’invalidità o i parenti del deceduto (a causa degli effetti negativi del farmaco) hanno la possibilità di citare in giudizio i diretti interessati.
Per farlo sarà necessario farsi assistere da un singolo avvocato o da uno studio associato di avvocati a Milano Roma Monza Padova Genova Torino Pavia Bologna Modena Firenze Ancona Pescara Catanzaro Cosenza Catania Cagliari Bari e in tutta Italia a seconda della gravità del caso.
Si tenga presente che la citazione in giudizio non sarà rivolta alla struttura sanitaria o al singolo medico che ha prescritto il farmaco, commettendo errori o omissioni sulla ricetta.Il paziente che ha subito un trattamento inefficace e dannoso nei suoi confronti potrà quindi chiedere i danni all’ospedale, citando in giudizio la struttura ospedaliera; dopotutto, il caso di malasanità è avvenuto all’interno di quelle mura, con gli addetti alla terapia che non sono stati in grado di prendersi cura del soggetto assistito dando un farmaco errato al paziente leso.
Da questo punto di vista, la struttura, accogliendo un paziente tra i suoi reparti, è come se sottoscrivesse un contratto con egli stesso, dovendo garantire cure adeguate e calzanti al suo stato di salute. Ciò comporta anche una raccolta approfondita dei dati e dei parametri fisiologici del paziente, in modo tale da valutare le sue condizioni fisiche con cognizione di causa.
In linea generale, bisogna considerare che qualsiasi professionista sanitario entri in contatto con un paziente ha il dovere di prendersi cura della sua salute. Ciò comporta automaticamente l’assunzione delle responsabilità, nonché la conseguente (ed eventuale) citazione in giudizio da parte del soggetto danneggiato.
A chi rivolgersi per la risoluzione della controversia
Come già anticipato, la risoluzione dell’eventuale controversia sorta tra la parte lesa (paziente) e il personale sanitario potrà avvenire tramite l’intercessione di uno studio legale che valuterà con un medico legale il da farsi e quantificherà il danno subito dal paziente leso da una errata somministrazione del farmaco.
L’ideale sarebbe poter affidarsi a professionisti specializzati in casi di malasanità e non all’avvocato che segue altri tipi di casi legali (esempio sfratti,locazioni,diritto di famiglia ma non di malasanità).
Tre casi di cronaca esplicativi
Per dare un’idea della delicatezza delle tematiche affrontate, è sufficiente portare alla luce tre distinti casi di cronaca.
Nel primo caso, datato 2017, una donna ha rischiato di perdere il marito a causa della somministrazione di un farmaco errato. Il medicinale era stato fornito all’uomo direttamente in pronto soccorso, ma senza che il medico curante si fosse interessato in merito ad eventuali allergie o intolleranze.
L’uomo ha avuto uno shock. Le responsabilità del caso vanno imputate a tutti i medici che hanno trattato il suo caso, nonché all’ospedale stesso, che non ha garantito le cure adeguate al paziente.
Nel secondo caso, datato 2014, un uomo ha perso la vita in seguito all’assunzione di un farmaco antibiotico contenente amoxicillina. Il paziente era allergico al farmaco, ma l’antibiotico è stato ugualmente prescritto e somministrato, provocando la morte dell’uomo.
A tal proposito, la Corte di Cassazione ha condannato in appello l’infermiere coordinatore, assolvendo l’infermiera che aveva somministrato il farmaco.
Infine, la Corte di Cassazione si è espressa nuovamente nell’aprile 2016 in merito alla morte di un paziente per una errata terapia farmacologica. In quel caso, al soggetto era stata somministrata una quantità eccessiva di cloruro di potassio, il che lo aveva portato alla morte.
Il decesso è stato causato da un errore contenuto nella prescrizione medica. La Corte, in questo caso, ha provveduto a condannare anche l’infermiera occupatasi del paziente, poiché sarebbe stato suo compito rimediare alle mancanze della ricetta prescritta dal medico.
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